Tutela del marchio e Legal Fake: quando l’omonimia fa danni

La mela morsicata: è questo il marchio più famoso. Si parla di Apple una delle aziende più famose e riconosciute al mondo. Il suo è un marchio distintivo, minimal e con un’estetica diretta sinonimo di innovazione e tecnologia, nonché status simbol.

Il marchio: segno distintivo del brand

Un marchio è un segno distintivo che permette all’impresa di garantire un grado elevato di riconoscibilità. Ed è per questo che deve essere registrato e tutelato in modo adeguato. In questo modo si è in grado di riconoscere la provenienza di un prodotto o di un determinato servizio. 

Un marchio è anche sinonimo di fiducia da parte dei consumatori in determinati valori, provenienza. Inoltre garantisce un’importanza strategica per il marchio e i prodotti identificati.

Si potrebbe vedere così: immaginate di possedere un importante collier di oro e diamanti. Preferireste lasciarlo alla mercé di tutti oppure custodirlo gelosamente in cassaforte? La registrazione del marchio è proprio questo: custodire gelosamente un simbolo, senza doversi preoccupare che qualcuno se ne appropri. Quando si decide di procedere alla registrazione si scelgono Paesi di riferimento, utilizzando la classificazione di Nizza per l’identificazione di prodotti e servizi. 

Il fenomeno dei Legal Fake

Il rischio è di incorrere in violazioni ed usi impropri del proprio marchio. Uno degli episodi più frequenti sono i Legal Fake. Questo fenomeno nasce quando un marchio viene registrato parallelamente da altri, che ne sfruttano le proprietà intellettuali, creando prodotti simili all’originali. Definiti “legal” in quanto la loro registrazione risulta legittima nel momento della richiesta.

Supreme vs Supreme Barletta 

Uno dei casi più noti del legal fake è il caso Supreme vs Supreme Barletta. Il marchio Supreme nasce  per gli skater newyorkese dall’idea di James Jebbia. Sin dall’inizio il design e l’estetica del negozio sono elementi unici e distintivi. Uno dei punti di forza di Supreme è stato usare la tecnica che sfrutta l’alta moda: produrre pochi capi e renderli elitari. Utilizzando il metodo del “drop” ogni giovedì alle 11. Ed è propio l’alta richiesta da parte del mercato di questi prodotti difficilmente raggiungibili che nasce l’idea di realizzare prodotti facilmente reperibili.

Supreme By Amara130423 – Own work, CC BY-SA 4.0

“Supreme Barletta” è questo il nome della versione italiana di Supreme NYC, uno dei legal fake più famosi. La stessa Samsung stava per finire nel tranello del omonimia dei due brand. Dichiara di avere firmato un accordo con Supreme NYC, peccato che si stesse trattando di collaborazione con il marchio italiano. L’azione è stata subito bloccata, nonostante fosse stata riportata da tante testate giornalistiche. Con il cosiddetto “Supreme Barletta” nasce quindi una battaglia legale per la tutela del marchio: i due marchi utilizzano categorie merceologiche simili, con font e colori identici. 

Il caso giudiziario a favore del marchio americano

La battaglia legale che vede come protagonisti i due “Supreme” vede nella sentenza 47827/2019 da parte della Cassazione il sequestro della merce di IBF per il valor di 10 milioni di euro. I due ideatori sono stati condannati per frode. Una sentenza che sicuramente sarà d’inspirazione per le successive.

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